19.10.2000 | 02.12.2000

Asdrubali Castellani

La galleria A arte Studio Invernizzi inaugura giovedì 19 ottobre la mostra L’opera d’arte concreta: Gianni Asdrubali Enrico Castellani. Recuperare in occasione di questa mostra la storica denominazione “Arte Concreta” per definire le opere di questi due artisti diversi per percorso e per generazione, significa procedere con la consapevolezza che le scoperte non si fanno nella ricerca del nuovo a tutti i costi, ma operando criticamente su un bagaglio di conoscenze già date, considerandole mai pacificamente acquisite. Analizzando il lavoro di Asdrubali e Castellani secondo quest’ottica si viene a scoprire che una vera Arte Concreta non è mai esistita prima, se per concreta si intende “entità esistente in sé” in opposizione a “entità esistente come as-trazione”. Solo con loro infatti l’opera viene a perdere ogni vincolo di referenzialità a entità ad essa estranee, prima fra tutti l’artista che in qualità di soggetto agente e pensante ne faceva necessariamente la propria as-trazione. L’autonomia dell’opera in entrambi è assicurata dalla consapevolezza di una sua parità aprioristica con l’artista, sul piano fisico-fenomenico per Castellani, e sul piano molecolare-sostanziale per Asdrubali. Tale consapevolezza la salva dal pericolo di ogni pretesa paternità, da ogni volontarismo e dall’invadenza dell’Io, nella sua veste conscia e inconscia, razionale e irrazionale, mantenendola autoreferenziale e dunque concreta. L’abolizione del soggetto si traduce prima in Castellani in un processo di azzeramento ottenuto con una tecnica anonima e impersonale, e nella “assenza di una analisi compositiva nella disposizione degli elementi sulla superficie, che infatti sono ordinati per semplice successione a indicare una programmaticità minima. Il minimo per il massimo dell’autonomia dell’opera”; poi in Asdrubali in un procedimento operativo di azione-reazione sempre necessitata e involontaria “che non si raffredda nel procedimento pittorico a fasi successive di segni adottato nella costruzione dell’immagine. In ciascuna di esse egli non agisce mai secondo una scelta volontaristica e arbitraria, ma è sempre obbligato a rispondere alla momentanea condizione spaziale prodottasi dall’interazione tra segno e superficie nella fase subito precedente, con una azione che non potrebbe dunque andare a colpire se non lì”.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo con un saggio introduttivo di Romina Santucci, le riproduzioni delle opere installate in galleria, un apparato biografico e una poesia di Carlo Invernizzi.