La galleria A arte Invernizzi ha inaugurato martedì 15 marzo 2016 la mostra L’Occhio Cinematico a cura del regista cinematografico e filmmaker Francesco Castellani.

La mostra indaga, secondo la personale visione del regista, possibili affinità concettuali ed espressive tra arti visive e cinema, utilizzando elementi specifici del linguaggio cinematografico come strumenti di analisi e lettura delle opere e compiendo scelte iconografiche alla ricerca di possibili connessioni, di relazioni profonde e non meramente formali tra i diversi linguaggi. Il fotogramma, il campo e fuori campo, la luce e le dinamiche ottico-fotografiche, il piano sequenza, il flashback, l’ellissi di montaggio, sono “arnesi tecnici” abituali del lavoro del regista, che vengono messi in gioco per progettare e sostanziare un “sistema di visione” delle opere esposte.

“Le opere di Nicola Carrino, Enrico Castellani, Alan Charlton, Carlo Ciussi, Gianni Colombo, Dadamaino, Riccardo De Marchi, Lesley Foxcroft, François Morellet, Mario Nigro, Pino Pinelli, Niele Toroni e Michel Verjux - come scrive Francesco Castellani nel catalogo - danno corpo alla struttura di questo tentativo di racconto di connessioni, relazioni, e consonanze tra i linguaggi. Un tentativo che nel mio primo approccio è iniziato pensando istintivamente al concetto di materia oscura.” (...)
“Quando rifletto sugli artisti riuniti in questo progetto e su loro possibili relazioni con il cinema, non posso fare a meno di immaginarli come sperimentatori che con mezzi diversi dagli strumenti di laboratorio, cercano anch'essi la materia oscura: tentano cioè con il loro agire artistico di dare una forma visibile a ciò che si muove al di là della soglia del visibile, oltre il tempo e lo spazio convenzionali, fuori e dentro di noi, nella vastità dell'Universo come nel complesso labirinto del mondo interiore. Una ricerca questa, che condividono con i registi più coraggiosi.”

Le opere sono proposte in un “sistema di visione” articolato sui due piani della galleria, in tre “piani sequenza” (elemento linguistico per eccellenza della tecnica cinematografica) con l’intento di offrire una fruizione delle stesse come parte, ciascuna nella sua singolarità, di un continuum coerente e fluido, proprio come nel cinema il piano sequenza identifica una dinamica di continuità narrativa non interrotta da tagli di montaggio.
Nella sala del piano superiore il campo/spazio tridimensionale dell’intervento/scultura di Nicola Carrino e le opere di Enrico Castellani, Gianni Colombo, Dadamaino, Riccardo De Marchi e François Morellet dimostrano come il quadro/campo, limite fisico del supporto materiale dell’agire pittorico, siano il limite/spazio condiviso, la comune soglia da superare verso la rappresentazione del fuori campo, di ciò che è oltre la soglia del visibile.
In un ambiente successivo, l’opera di Niele Toroni, prende forma disponendosi sulle pareti come una “sequenza cinematografica” con il suo sviluppo modulare delle impronte di pennello in progressione dall’ uno al sei.
L’opera di Michel Verjux si pone come raccordo di montaggio, che unisce idealmente le sequenze del piano superiore a quella del piano inferiore, in una continuità del sistema di visione.

Al piano inferiore, l’uso analitico di elementi costitutivi dell’immagine/cinema indaga le possibili affinità tra i linguaggi e le opere di Alan Charlton, Carlo Ciussi, Lesley Foxcroft, Mario Nigro e Pino Pinelli, lette qui, secondo la concezione deleuziana, come immagini/tempo e immagini/movimento, forme visibili dell’invisibile, elaborazioni cromatiche, plastiche, cinetiche e cinematiche di un universo senza requie (in perenne movimento) nel quale l’individuo è parte del tempo e della natura, precario groviglio di atomi alla ricerca di un senso dentro il Lebenswelt, quel mondo vitale che tutto avvolge e comprende in un unicum organico e universale.

In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere in mostra, un saggio introduttivo di Francesco Castellani, una poesia di Carlo Invernizzi e un apparato biografico.