La galleria A arte Invernizzi ha inaugurato martedì 25 febbraio 2014 la mostra L’occhio musicale a cura del pianista e musicologo Alfonso Alberti, che intende indagare il rapporto fra arte visiva e musica. Questa relazione è vasta e dalle molteplici implicazioni: affinità costitutive delle due discipline, parallelismi storici, dialogo fra gli artisti. L’attenzione si è centrata sulla presenza, nella creatività artistica contemporanea, di due temi - a cui corrispondono le due sezioni della mostra - che mettono particolarmente in evidenza il procedere congiunto delle due discipline.
La prima tematica è quella del tempo, elemento specifico della musica, senza il quale l’opera musicale semplicemente non esiste, ed analogamente, anche in ambito visivo, dimensione del fare e dell’esistere, sfida perenne a una rappresentazione e spiegazione possibile. Niele Toroni esprime questa dimensione nella maniera più essenziale, lasciando impronte di pennello che scandiscono contemporaneamente il tempo del creare e quello dell’esserci. Anche Dadamaino ripete un unico gesto, un breve tratto, che nella sua infinita iterazione va a comporre linee che sono «fatti della vita», unione inscindibile di essere e tempo, Sein und Zeit. Nelle opere di Riccardo De Marchi, la ripetizione di un elemento costitutivo si configura esplicitamente come linguaggio, che si mostra, tuttavia, privo di un codice di decrittazione e perciò diviene pura presenza di segni nel tempo. François Morellet, poi, nella sua indagine delle strutture del reale, va a coinvolgere quel rapporto matematico senza il quale non si dà oscillazione né evento sonoro. Nell’opera di Gianni Colombo, il tempo diviene la condizione stessa dell’esistenza, esattamente come accade per l’opera musicale: le sue strutture in movimento indagano il farsi e disfarsi delle forme, la loro modificazione, la loro inafferrabilità.
Il lavoro di Mario Nigro conduce, quindi, idealmente verso la seconda sezione della mostra: nel suo Tempo totale il succedersi dei gesti e degli istanti viene declinato attraverso l’uso del colore e delle sue variazioni che appaiono talvolta scandite, talvolta infinitesime.
Il secondo tema, di cui appunto si indaga la realizzazione attraverso il colore, è quello dell’armonia. Nelle opere di Carlo Ciussi consonanze e dissonanze possibili si inseguono in forme curvilinee che, alla musicalità dell’esito armonico, aggiungono la musicalità della linea. Günter Umberg indaga la superficie monocroma e la sua imprendibile concretezza e fisicità e nei Territorium sceglie di ampliare questa ricerca mettendo a confronto superfici diverse, mondi diversi. Nell’opera di David Tremlett la creatività armonica si connota in maniera unica attraverso il rapporto diretto delle mani dell’artista con il pigmento e con la superficie, scandita da colori che si mettono in rapporto specifico con luoghi e situazioni. In Rodolfo Aricò l’elemento dissonante, eterodosso, è una preoccupazione poetica costante intesa come rottura dell’armonia non sanata, e tanto meno compresa, ma nel contempo unica armonia reale e possibile. Nel lavoro di Bruno Querci, infine, la ricerca armonica si riduce singolarmente alla premessa di due soli colori: il bianco ed il nero, dalle cui consonanze e dissonanze nascono spazi da percorrere con occhio musicale.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo bilingue con la riproduzione delle opere esposte, un saggio introduttivo di Alfonso Alberti, una poesia di Carlo Invernizzi e un apparato biografico.