Mauro Staccioli, sin dai suoi inizi, sviluppa una concezione dell'opera interagente con lo spazio-ambiente in cui viene collocata. Il suo primo intervento di grandi dimensioni avviene a Volterra nel 1972 con strutture in ferro e cemento. Nel 1976 viene invitato alla Biennale di Venezia nella sezione 'Ambiente come sociale', mentre nel 1978 realizza, all'ingresso dei Giardini, un Muro in cemento di grandi dimensioni. Nel 1977 realizza opere di forte presenza visiva e percettiva al Castello Visconteo di Vigevano.
Nella prima metà degli anni '80 viene invitato a partecipare a rassegne di respiro internazionale, mentre nella seconda metà realizza opere permanenti di grandi dimensioni al Museum Fridericianum di Kassel, alla Djerassi Foundation in California, al Museum San Diego of Contemporary Art di La Jolla, al Museo Pecci di Prato, all'Olimpic Park di Seul, alla ShoshanaWayne Gallery di Santa Monica.
"Le sculture di Staccioli hanno forme contrattate non solo con la topologia dello spazio ma anche con la storia del luogo ... In quest'arte di relazione, contano anche gli elementi primari. Vi crescono forme di terra, d'aria e di mare. L'essenziale vi frequenta l'universale in modo speciale. C'è molto eliotropismo nei corpi solidi di Staccioli. Non sono mai terragni, per quanto enormi e pesanti. Restano sempre tangenti alla terra senza esservi radicati. Non fungono da piedistalli del pianeta ... ma piuttosto influenzano l'ambiente circostante col loro imprinting plastico, questi monoliti rosso marziani; simili in ciò ai corpi celesti. Non pesano alla vista ... diresti piuttosto che si sgravano dello spazio. Tendono a svincolarsi dalla gravità come pure dalla vista", scrive Tommaso Trini nel testo di presentazione in catalogo, edito dalla galleria, contenente una lirica di Carlo Invernizzi e dodici immagini fotografiche che documentano alcune installazioni permanenti e la mostra.